Un’analisi di Michelle Dunstan e Saskia Kort Chick spiega come l’industria dell’asset management possa contribuire a disincentivare lo sfruttamento di esseri umani in atto nei più svariati contesti produttivi a livello globale. Parola d’ordine: fare ricerca
Per quanto la parola schiavitù possa sembrarci incompatibile con il contesto socio-economico globale in cui viviamo, oggi esistono forme diverse e diversamente subdole di sfruttamento di esseri umani. È l’assunto da cui partono Michelle Dunstan e Saskia Kort Chick, rispettivamente Portfolio Manager – Global ESG Improvers Strategy e Director of ESG Research and Engagement di AllianceBernstein in un commento dedicato alle moderne forme di schiavitù e al loro legame col mondo degli investimenti.
L’INDUSTRIA PRODUTTIVA STA IN PIEDI NONOSTANTE LO SFRUTTAMENTO DI ESSERI UMANI
L’analisi parte da semplici esempi di vita quotidiana che offrono prove diverse di quanto l’industria produttiva complessivamente intesa si tenga in piedi grazie a e nonostante il sistematico sfruttamento di esseri umani. “Accompagniamo un consumatore a fare acquisti”, esordisce lo studio di AB. “Cominciamo col tipo di auto che utilizzano. Almeno quattro case automobilistiche – due negli Stati Uniti, una in Europa e una in Giappone – hanno usato ghisa brasiliana per fabbricare le portiere delle auto. La filiera produttiva della ghisa inizia con la combustione di legno duro per produrre carbone da legna. Quel legno proviene spesso da alberi abbattuti illegalmente, e il carbone di legna è prodotto con il lavoro di schiavi nella foresta pluviale brasiliana”. E ancora, “i telefoni cellulari usati per ascoltare musica in streaming mentre ci si reca a fare acquisti, potrebbero contenere cobalto proveniente dalla Repubblica Democratica del Congo, dove l’estrazione mineraria è ampiamente legata alla schiavitù moderna”…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.