Dopo i numerosi attacchi sul territorio e alle infrastrutture, e con la popolazione ridotta allo stremo, oggi la ricostruzione della Striscia appare molto difficile, anche se qualcuno ha già fatto progetti molto ambiziosi
Ci guardiamo attorno. È un po’ buio, ma qualche luce, anche se un po’ fioca, c’è. Incornicia le teste di altri come noi, e le differenzia dalle forme omologate dalla penombra.
Chissà cosa pensano, quelle altre teste. Probabilmente si stanno guardando attorno anche loro, e a loro volta vedranno altre teste ancora e penseranno le nostre stesse cose.
Poi, d’improvviso, una luce, un rumore forte. Non è quello che stavamo aspettando, ma è ciò che sapevamo sarebbe arrivato prima. Il peggior nemico di chi va al cinema, ma anche il miglior alleato di chi vuole che si vada al cinema: la pubblicità prima del film.
Dieci, quindici, venti minuti che ci sembrano interminabili; oltre ad almeno quattro o cinque voci che ci augurano “buona visione!” dandoci l’illusione che il film cominci tra un momento e l’altro.
Già, illusione. Un termine che si accosta agli attimi prima di un film, e che sperona le attese di chi vorrebbe la propria terra in pace. Un campo semantico che abbraccia la sala di un cinema, e che stritola una nazione bombardata. Un abbaglio, nell’accezione più negativa; una speranza, in quella migliore.
Ora, però, le illusioni a Gaza sembrano lasciar posto ad altri stati d’animo. Dopo oltre un anno di guerra, è stato firmato un accordo tra Israele e Hamas per una tregua. Questo cessate il fuoco dovrebbe entrare in vigore il 19 gennaio 2025, e disvela un futuro prossimo quantomai incerto, che chiama a raccolta soggetti differenti, ma anche differenti compiti per soggetti già visti. Nel Sunday View di questa settimana proviamo ad analizzare la situazione, senza dare soluzioni certe – anche perché chi le ha davvero? –, ma osservando la situazione dall’esterno.
Seguiteci.
PALESTINE EMERGING
Cosa aspetta Gaza dopo questo conflitto? Si parla di quasi 40 milioni di tonnellate di detriti, che fino a qualche mese fa erano abitazioni, scuole, strutture sanitarie e infrastrutture. A questo si somma il tasso di povertà già altissimo, e che, secondo le stime, aumenterà oltre il 60%. Quasi tutte le attività economiche palestinesi si sono dovute fermare, con i dati forniti dalle Nazioni Unite e dalla Banca Mondiale che fanno rabbrividire: nell’aprile scorso, il Pil era crollato di oltre il 97%, per un totale di quasi 20 miliardi di dollari di danni. La ricostruzione impiegherà almeno 15 anni di tempo, tanto impegno, e non pochi fondi. Ma chi si incarica di questi fondi?..
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.