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Il baratro di marzo è alle spalle, come il crash del 1987 che non interruppe la corsa del Toro. Nel 2021 si profilano insidie e opportunità, con la Cina nel ruolo di stella polare per gli investitori
Il 2020 esce di scena lasciando in eredità la lezione di sempre, vale a dire che fare previsioni su economie e mercati è un esercizio impervio destinato spesso al fallimento. La cosa più difficile da prevedere non è stata probabilmente l’esplosione della pandemia planetaria, che ha colto impreparato tutto il mondo nonostante i molti segnali di allarme lanciati nel decennio precedente, con la notevole eccezione di Cina e economie satelliti asiatiche. Quello che ha davvero preso in contropiede molti previsori professionisti, che ancora oggi fanno fatica a farsene una ragione, è stata invece la reazione di mercati e economie, che dopo poche settimane di panico acuto hanno reagito alla grande.
COME IL CRASH DEL 1987
Non solo, hanno anche colto l’opportunità offerta proprio dalla pandemia per una violenta accelerazione dei trend che stavano premiando gli investitori dall’inizio dell’attuale ciclo rialzista, partito nella primavera del 2009 e sostanzialmente non interrotto: digitalizzazione, innovazione tecnologica pervasiva e transizione energetica. Se mettiamo le cose in prospettiva, e se consideriamo la caduta dei mercati di marzo-aprile non un’inversione di tendenza, ma alla stregua del crash di Wall Street di ottobre del 1987, si potrebbe anche pensare che il ciclo rialzista dei mercati sia più o meno ancora a metà strada…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.