Secondo Erik Knutzen, Chief Investment Officer – Multi-Asset Class di NB, “gli investitori dovrebbero tenere in considerazione non tanto gli eventi del Medio Oriente, “quanto piuttosto le tendenze globali più radicate” che la guerra riflette
Il conflitto Hamas-Israele fino ad ora ha inciso relativamente sui mercati. L’impatto contenuto ha sorpreso gli analisti: i rendimenti obbligazionari sono scesi, ma le azioni sono salite, e anche oro, petrolio e titoli difensivi hanno registrato un rialzo, anche se moderato. C’è però il rischio di un’escalation della guerra, che potrebbe coinvolgere altri Paesi? Gli investitori e gli asset allocator, quindi, come dovrebbero pensare e rispondere a questi eventi? Per Erik Knutzen, Chief Investment Officer – Multi-Asset Class di Neuberger Berman, “dovrebbero cercare di posizionare il loro portafoglio non tanto in risposta agli eventi della scorsa settimana, quanto piuttosto alle tendenze globali più radicate che questi ultimi riflettono”.
SCENARIO DIVERSO RISPETTO ALLA GUERRA DEL ’73
Nella sua analisi, Knutzen ricorda come “la guerra arabo-israeliana dello ‘Yom Kippur’ del 1973 presenti evidenti e inquietanti analogie con gli eventi di questi giorni. Allora le perdite iniziali del mercato azionario furono recuperate nel giro di una settimana – spiega – ma le conseguenze, tra cui un embargo petrolifero e numerosi errori politici a livello mondiale, contribuirono a innescare la stagflazione e un mercato ribassista pluriennale”. Oggi c’è un rischio simile? “Gli investitori – osserva il Chief Investment Officer – Multi-Asset Class di Neuberger Berman – sembrano riconoscere che i rapporti arabo-israeliani sono molto diversi oggi rispetto al 1973, che il mondo dipende molto meno dai combustibili fossili provenienti da questa regione e che Israele, pur essendo un’economia molto più grande e avanzata rispetto a 50 anni fa, non è ancora abbastanza influente da sconvolgere i mercati globali”…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.