Un freno salutare al rischio di esuberanza irrazionale a Wall Street. L’inflazione Usa è un animale molto diverso da quella in Europa, dove non servono tassi alti ma debito comune e unione bancaria
Lo storno contenuto che ha investito l’azionario a metà della scorsa settimana ha colpito con più forza le Borse europee, nonostante fosse stato originato dall’altra sponda dell’Atlantico, dove la Fed di Jerome Powell ha tirato il freno alle aspettative di taglio dei tassi per il 2025, dimezzandoli a solo due dai quattro segnalati a settembre nella previsione di un’inflazione più elevata, o meno in calo se si preferisce. A Wall Street il nervosismo è rapidamente rientrato, anche se l’ottava ha chiuso in calo, mentre in Europa è continuato, con il segno meno dello Stoxx 600 anche venerdì. È probabilmente un assaggio di quello che può aspettarci nella prima parte del 2025, qualche strappo di volatilità sicuramente salutare per l’azionario Usa, dove l’economia e gli utili sono in ottima salute e le valutazioni viaggiano a livello di guardia. La Fed ha raffreddato un’esuberanza che rischiava di diventare irrazionale, per dirla alla Greenspan.
EUROPA ESPOSTA SU MOLTI FRONTI
In Europa è tutta un’altra storia. L’economia arranca, a essere ottimisti, in politica dominano incertezza e confusione, l’esposizione ai conflitti a Est e a Sud è molto elevata. Fortunatamente l’impatto sulla redditività delle imprese è molto limitato, grazie al forte peso dell’export. Ma la Bce resta sostanzialmente allineata alla Fed, anche se con una sfumatura più moderata, mentre forse dovrebbe prendere la strada opposta, vale a dire una politica di allentamento aggressiva. E’ vero che anche in Europa l’inflazione è una minaccia, ma completamente diversa da quella americana, che ha radici interne, fatta di crescita e consumi forti e di politica fiscale prevedibilmente molto espansiva, con Trump alla Casa Bianca…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.