La Legge di Bilancio 2025 introduce modifiche significative nel sistema pensionistico italiano, con un focus particolare sulla rivalutazione degli assegni minimi e sulla sostenibilità economica del sistema previdenziale.
Cosa è successo
La Manovra 2025 prevede un leggero aumento delle pensioni minime, che passeranno da 614,77 euro a 617,9 euro mensili, pari a un incremento del 2,2%. L’intervento, seppur minimo, evita un calo degli assegni che sarebbe altrimenti stato previsto senza rivalutazione. Tuttavia, tale incremento è stato oggetto di critiche da parte delle opposizioni, che lo considerano insufficiente a compensare l’aumento del costo della vita. Il governo, invece, sottolinea che si tratta di una misura necessaria per mantenere il bilancio sostenibile nel lungo periodo.
Un’altra modifica riguarda il ritorno al meccanismo di indicizzazione “a tre livelli” per la rivalutazione basata sull’inflazione. Gli assegni fino a quattro volte il minimo beneficeranno di una rivalutazione piena, mentre quelli più alti avranno percentuali di adeguamento decrescenti. Questo approccio mira a proteggere maggiormente i pensionati con redditi più bassi.
Parallelamente, è confermata la proroga di strumenti come Quota 103, Opzione Donna e l’Ape Sociale, con alcune variazioni per garantire maggiore flessibilità ai lavoratori vicini all’età pensionabile. È stata anche introdotta una misura per incentivare le lavoratrici madri con almeno quattro figli a ritirarsi dal lavoro con un anticipo maggiore rispetto a quanto previsto in passato.
Infine, il cosiddetto “Bonus Maroni” sarà potenziato: si tratta di un incentivo per i lavoratori che scelgono di restare al lavoro pur avendo maturato i requisiti per la pensione anticipata. Questa misura permetterà di ricevere contributi in busta paga, aumentando il reddito netto per i beneficiari.
Perché è importante
Le modifiche previste dalla Manovra sollevano interrogativi sul bilanciamento tra equità sociale e sostenibilità economica. L’aumento limitato delle pensioni minime evidenzia le difficoltà del sistema previdenziale nell’assorbire la crescita dei costi legata all’invecchiamento della popolazione e all’inflazione. Sebbene l’intervento sia stato giudicato insufficiente da parte delle opposizioni, il governo lo difende come una soluzione equilibrata, capace di proteggere le fasce più vulnerabili senza compromettere il bilancio statale.
La proroga di strumenti come Quota 103 e Opzione Donna garantisce maggiore flessibilità, ma con costi contenuti. Queste misure rappresentano un compromesso tra le richieste di maggiore accessibilità pensionistica e la necessità di contenere la spesa pubblica, destinata nel 2023 a 347 miliardi di euro.
Infine, il ritorno all’indicizzazione a tre livelli e il Bonus Maroni riflettono un tentativo di premiare chi rimane attivo nel mercato del lavoro, con effetti positivi sulla sostenibilità del sistema contributivo. Tuttavia, le diseguaglianze tra le categorie pensionistiche e di genere restano evidenti, sollevando la necessità di ulteriori interventi strutturali per garantire un sistema più equo e inclusivo nel futuro.
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