Giovedì 26 giugno, Milano si sveglia con una nuova incertezza nei radar. Donald Trump torna a colpire Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, proprio quando la fiducia nei mercati è appesa a un filo. Il botta e risposta tra Casa Bianca e Fed ha riacceso le tensioni su tassi, dollaro e dazi.
La Fed ferma sui tassi, Trump rilancia lo scontro
La Federal Reserve non modifica il costo del denaro da gennaio: il range resta stabile tra 4,25% e 4,5%. Questo, nonostante i tre tagli consecutivi nel finale del 2024. La riunione del Federal Open Market Committee (FOMC) del 17-18 giugno 2025 ha confermato lo status quo, e Powell ha ribadito in audizione al Congresso la linea della prudenza: i dazi imposti dalla Casa Bianca rischiano di alimentare un’inflazione ancora troppo lontana dal target del 2%.
Trump, da parte sua, ha reagito nel suo stile: “Powell è un perdente”, “una testa vuota”, ma ha anche dichiarato “a volte mi piace” — un mix di attacchi e ambiguità che culmina in una minaccia: sostituire Powell prima del termine naturale del mandato, previsto per il 2026. “Ho tre o quattro nomi in mente”, ha detto Trump, facendo tremare Washington e Wall Street.
Il dollaro vacilla, sale la febbre da taglio
La reazione dei mercati non si è fatta attendere. Secondo Money.it, il Dollar Index ha perso il 10% da inizio anno, segnando il sesto mese consecutivo in rosso — evento che non si vedeva dal 2017. I futures sui fed funds indicano un 25% di probabilità di un taglio già a luglio (contro il 12% della scorsa settimana). Le scommesse totali puntano su 64 punti base di tagli entro dicembre, anche se il dot-plot ufficiale della Fed ne prevede solo due.
Sui mercati globali prevale l’incertezza: nella mattinata le borse europee stanno mostrando lievi aumenti, mentre i mercati asiatici hanno chiuso la giornata in modo contraddittorio (Nikkei: +1,66%; Hang Seng: -0,61%). Gli investitori si chiedono: cosa succede se alla guida della Fed arriva un nuovo presidente, forse più incline a seguire le indicazioni politiche?
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Tutti in attesa: tra dati macro e scenari politici
Il presidente USA ha annunciato che potrebbe rivelare il nome del successore tra settembre e ottobre, nel tentativo di influenzare in anticipo la traiettoria dei tassi. Intanto, il dollaro resta debole in attesa di due dati chiave: il PIL USA del primo trimestre (previsto per oggi) e l’indice PCE (previsto per domani), il barometro dell’inflazione prediletto dalla Fed.
I rendimenti dei Treasury si stanno abbassando, segnale che il mercato si prepara a una Fed potenzialmente più accomodante, o meno coerente. Una volatilità che si riflette anche nelle commodity: il petrolio beneficia del calo delle scorte statunitensi (-5,8 milioni di barili), mentre l’oro torna protagonista, sostenuto dagli acquisti delle banche centrali, che cercano riparo dalle tempeste future.
Impatto per gli investitori italiani
Chi investe sul mercato italiano dovrà prestare attenzione a tre fronti: l’esposizione ai titoli energetici, la dinamica euro/dollaro e le scelte della Fed. Anche un semplice tweet di Trump può far oscillare mercati, valute e rendimenti più di qualsiasi dato macro. È tempo di tenere i radar accesi e i nervi saldi.
Foto: Shutterstock
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