ATENE, Grecia, 21 marzo 2023 /PRNewswire/ — I risultati del primo studio clinico pilota sul trasferimento del fuso mitotico (MST) sono stati pubblicati online sulla rivista Fertility and Sterility in anteprima rispetto alla versione cartacea. Il progetto è stato realizzato in Grecia, presso l’Institute of Life-IASO IVF Center, e ha coinvolto un team multidisciplinare di scienziati provenienti da istituzioni di fama internazionale: Embryotools (Spagna), Juno Genetics (Regno Unito), University of Oxford (Regno Unito) e Oregon Health & Science University (Stati Uniti). Lo studio esplorativo offre indicazioni iniziali sulla sicurezza e l’efficacia del trasferimento di fusi mitotici negli esseri umani, in contesto al trattamento dell’infertilità. Lo studio ha portato alla nascita di sei bambini da pazienti con una lunga storia di tentativi di fecondazione in vitro non riusciti. L’articolo rivela inoltre importanti informazioni sull’uso potenziale del MST per ridurre il rischio di trasmissione della malattia nei pazienti portatori di mutazioni patogene del DNA mitocondriale (mtDNA).
L’ovulo è l’elemento più importante nei primi giorni di vita. Non solo porta con sé il contributo genetico (DNA) della madre, nel suo citoplasma ha anche scorte di materiali (come RNA, proteine, scorte energetiche e organelli) vitali per lo sviluppo dell’embrione. Una scarsa qualità degli ovuli è un fattore che contribuisce in modo significativo all’infertilità femminile ed è qualcosa per cui non sono stati sviluppati trattamenti efficaci. Il problema è caratterizzato dalla ripetuta mancata fecondazione degli ovuli e/o da un indebolimento dello sviluppo degli embrioni. Attualmente l’unica strategia disponibile per le pazienti che producono ovuli di scarsa qualità è sottoporsi a trattamenti di fertilizzazione in vitro (IVF) utilizzando ovuli o embrioni donati. Questo approccio potrebbe aiutare le pazienti a raggiungere una gravidanza, però impedisce loro di dare il proprio contributo genetico al nascituro.
Il trasferimento del fuso mitotico è una tecnica avanzata di laboratorio che appartiene alla famiglia dei metodi noti collettivamente come terapie mitocondriali sostitutive (MRT). Queste tecniche sono state originariamente proposte per evitare la trasmissione di malattie mitocondriali e la loro applicazione a questo scopo clinico è già consentita in alcuni paesi, come Regno Unito e Australia. Il metodo prevede la sostituzione del citoplasma dell’ovulo della paziente con citoplasma preso da quello giovani ovuli donati, pur mantenendo il materiale genetico nucleare del paziente. Le crescenti prove sembrano indicare che questa procedura sia in grado di superare alcuni ostacoli legati all’incapacità di un ovulo di sostenere la fecondazione e lo sviluppo embrionale, consentendo al contempo alle pazienti di produrre figli che siano geneticamente imparentati.
Questo studio pilota esplorativo è stato condotto in Grecia dopo aver ricevuto l’approvazione della National Authority of Assisted Reproduction. Il team di ricerca ha cercato di esplorare, per la prima volta, la fattibilità clinica della tecnica di trasferimento del fuso mitotico in un contesto di trattamento dell’infertilità. Lo studio pilota ha avuto inizio nel 2018 ed è stato limitato a una coorte di 25 coppie infertili accuratamente selezionate in base alla loro lunga storia di trattamenti IVF non riusciti associati a una scarsa qualità degli ovuli. Le pazienti erano state sottoposte da 3 a 11 precedenti tentativi di fecondazione in vitro (in media 6,4 per paziente) senza successo. I risultati monitorati nello studio includevano le misure abituali del successo della fecondazione in vitro, nonché altri parametri specificamente correlati alla tecnica, nonché delle successive visite di controllo pediatriche per valutare la salute generale dei bambini nati a seguito della procedura.
I dati ottenuti durante lo studio sono unici, suggerendo che la tecnica di trasferimento del fuso materno potrebbe potenzialmente aiutare tutta una categoria di pazienti infertili estremamente difficili da trattare coi metodi convenzionali. I pazienti inclusi nello studio sono stati sottoposti complessivamente a 159 precedenti trattamenti IVF, in cui sono stati raccolti 423 ovuli maturi, senza però mai arrivare alla gravidanza. Sono stati effettuati un totale di 28 tentativi di trasferimento del fuso mitotico, che hanno portato alla nascita di sei bambini. Lo stato di salute e di sviluppo dei bambini (alcuni oramai prossimi ai 4 anni) è perfettamente nella norma, il che fa in qualche modo ben sperare sulla sicurezza del metodo.
Il team scientifico ha monitorato la quantità di DNA proveniente dal mitocondrio (mtDNA) trasferita nell’ovulo donatore insieme al fuso della paziente ed è stato dimostrato che oltre il 99% del mtDNA negli embrioni prodotti proveniva dalla donatrice dell’ovulo. Tuttavia, in un bambino nato in seguito alla procedura, i mitocondri della paziente si sono espansi drasticamente durante lo sviluppo e, al momento della nascita, hanno finito col rappresentare circa il 50% del totale delle cellule del bambino. Questo fenomeno che finora non era mai stato riscontrato, noto come “inversione”, è stato segnalato negli embrioni umani. Sebbene nessuna delle pazienti dello studio fosse portatrice di malattie mitocondriali, la possibilità che il piccolo numero di mitocondri, inevitabilmente trasferiti all’ovocita donato insieme al DNA del paziente, possa proliferare in modo sproporzionato ha implicazioni per l’uso dello MRT per prevenire la trasmissione di tali disturbi. La gravità dei disturbi del mtDNA è collegata alla percentuale di mitocondri derivata dalla paziente interessata. La risalita dei mitocondri di una paziente, dopo essere stati inizialmente ridotti a una piccola popolazione, suggerisce che alcuni di questi trattamenti potrebbero avere un’efficacia inferiore al 100%.
Sebbene i dati ottenuti siano incoraggianti e potrebbero potenzialmente portare a una nuova terapia per tipi di infertilità precedentemente non trattabili, i ricercatori ci tengono a sottolineare che si è trattato di uno studio pilota e, in quanto tale, limitato in termini di dimensioni e portata. Una valutazione definitiva del valore clinico della tecnica dovrà attendere futuri studi più ampi, controllati e randomizzati.
Identificazione articolo: DOI: https://doi.org/10.1016/j.fertnstert.2023.02.008.
Autori: Nuno Costa-Borges, dottore di ricerca; Eros Nikitos, laurea magistrale; Katharina Späth, dottore di ricerca; Irene Miguel-Escalada, dottore di ricerca; Hong Ma, dottore di ricerca; Klaus Rink, dottore di ricerca; Clement Coudereau, dottore di ricerca; Hayley Darby; Amy Koski, laurea magistrale; Crystal Van Dyken, dottore di ricerca; Enric Mestres, dottore di ricerca; Evmorfia Papakyriakou, laurea magistrale; Dominique De Ziegler, dottore in Medicina; George Kontopoulos, dottore in Medicina; Themistoklis Mantzavinos, dottore in Medicina; Ioannis Vasilopoulos, dottore in Medicina; Stylianos Grigorakis, dottore in Medicina; Thomas Prokopakis, dottore in Medicina; Konstantinos Dimitropoulos, dottore in Medicina; Panagiotis Polyzos, dottore in Medicina; Nikolaοs Vlachos, dottore in Medicina; Konstantinos Kostaras, dottore in Medicina; Shoukhrat Mitalipov, dottore di ricerca; Gloria Calderón, dottore in Medicina; Panagiotis Psathas, dottore in Medicina; Dagan Wells*, dottore di ricerca.