Secondo la casa d’investimento non è da ritenersi vincente una strategia finalizzata a modificare il proprio portafoglio per limitare l’impatto del biglietto verde mentre può invece essere lungimirante diversificare al di fuori degli Stati Uniti
Oltre 11 punti percentuali da inizio anno a fine giugno 2025. È la discesa accusata dall’indice del dollaro statunitense che, rispetto all’euro, ha addirittura perso il 14%, con il cambio EUR/USD che è passato da 1,035 a 1,18 in sei mesi. E’ il costo dell’incertezza causata dall’amministrazione americana per la politica commerciale azzardata, ma anche per un certo indebolimento economico, un rallentamento del settore manifatturiero, un timore di un governatore ombra della Fed più dovish, e l’incognita di sostenibilità del debito pubblico. “Tenuto conto di un livello di apprezzamento dell’euro fino a 1,20, soglia di sostenibilità della valuta indicata anche dalla BCE, sembra che la maggior parte del ripiegamento della valuta USA sia alle spalle”, fa sapere Andrea Campisi, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management.
IL DOLLARO RESTA LA PRINCIPALE VALUTA IN DIVERSI AMBITI
Sebbene le attuali valutazioni siano comunque ancora leggermente al di sopra dei suoi livelli medi storici, il biglietto verde resta in ogni caso la principale valuta in diversi ambiti. Rappresenta il 59% circa delle riserve valutarie globali precedendo ampiamente l’euro, la seconda in questa graduatoria, che non va oltre il 20%. Inoltre il 64% del debito mondiale è denominato in dollari mentre il 58% dei pagamenti internazionali (escludendo i pagamenti all’interno dell’eurozona) e delle transazioni in valuta estera sono denominate in dollari USA, valuta nella quale sono emesse oltre il 50% delle fatture per il commercio estero a livello globale…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.