Le azioni AVIO scivolano pesantemente nello Star, con un calo del 4% circa a metà giornata, trascinando il titolo a quota 34 euro. Il movimento arriva in un contesto di mercato poco mosso, con il Ftse Mib in attesa della decisione della BCE sulla politica monetaria. A pesare sul sentiment, però, non è una debolezza strutturale del settore aerospaziale, bensì indiscrezioni di stampa su un possibile aumento di capitale da parte della società.
Cosa è successo
Il titolo AVIO, protagonista negli ultimi mesi di una performance eccezionale — +135% da inizio anno e +166% su base annua — ha vissuto una seduta caratterizzata da forti vendite. La brusca discesa non sembra legata a un deterioramento dei fondamentali, bensì ai timori generati da rumors su una ricapitalizzazione fino a 300 milioni di euro.
L’operazione, che non è stata confermata ufficialmente, avrebbe come obiettivo quello di rafforzare la struttura finanziaria del gruppo e sostenere lo sviluppo dei lanciatori Vega, della propulsione tattica e di nuove tecnologie satellitari. Tuttavia, secondo indiscrezioni, il principale azionista Leonardo, che detiene circa il 29% del capitale, non sarebbe favorevole all’iniziativa.
Questa divergenza avrebbe allarmato il mercato: se confermata, la mancanza di supporto da parte di Leonardo rischierebbe di ridimensionare la portata dell’aumento di capitale, con conseguente timore di diluizione e disallineamento strategico tra i soci.
Perché è importante
Il crollo di AVIO non può essere letto come un semplice episodio di prese di profitto dopo il rally straordinario dell’ultimo anno. Al contrario, riflette l’incertezza sugli equilibri interni all’azionariato e sul futuro delle strategie di crescita.
Il settore difesa e aerospazio gode attualmente di un forte appeal, sospinto dalle tensioni geopolitiche e dai nuovi fondi destinati alla sicurezza europea (come il programma Safe). AVIO, grazie alla divisione di propulsione tattica e ai rapporti con gli Stati Uniti per lo sviluppo di motori di nuova generazione, si trova in una posizione strategica per beneficiare di tali investimenti. Un rafforzamento patrimoniale sarebbe quindi funzionale a sostenere l’espansione internazionale e mantenere la competitività rispetto ai player esteri.
Il problema risiede, piuttosto, nella possibilità che le divergenze tra i soci limitino l’efficacia dell’operazione, minando non solo il piano industriale ma anche la percezione del titolo sul mercato. Gli investitori, oggi in forte uscita, sembrano aver fiutato il rischio che le tensioni interne possano rallentare la traiettoria di crescita, nonostante le potenzialità del comparto rimangano elevate.
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