Nonostante il ban generale sulle criptovalute in Cina, molti cittadini cinesi continuano a minare Bitcoin illegalmente, secondo i dati del Cambridge Bitcoin Electricity Consumption Index (CBECI).
Cosa è successo
I dati mostrano che a gennaio 2022 la Cina era diventata il secondo maggior fornitore globale di hash rate di Bitcoin (CRYPTO:BTC); ciò è avvenuto nonostante il governo locale abbia vietato tutte le operazioni relative a criptovalute come Bitcoin, Ethereum (CRYPTO:ETH) e Dogecoin (CRYPTO:DOGE) nel Paese.
Inoltre, i dati indicano che all’inizio del 2022 i miner di Bitcoin nella nazione guidata da Xi Jinping rappresentavano il 21,1% della distribuzione globale dell’hash rate nel mining di BTC; a gennaio gli Stati Uniti guidavano la classifica con il 37,8% dell’hash rate totale, in netto aumento rispetto al 4,1% di settembre 2019.
Il report del CBECI si basa sui dati ottenuti in collaborazione con quattro importanti pool di mining: BTC.com, Poolin, ViaBTC e Foundry.
Una volta la Cina era il maggior Paese al mondo nel mining di Bitcoin, con il potere di hash rate di BTC che rappresentava oltre il 75% nel 2019, secondo il CBECI; l’hash rate è poi crollato allo 0% intorno a luglio 2021, a seguito di una serie di chiusure di mining farm nella nazione.
Movimento dei prezzi
Al momento della pubblicazione, Bitcoin era in calo giornaliero dello 0,34% a 30.264 dollari ed Ethereum era in ribasso dello 0,31% a 2.070 dollari. Dati di Benzinga Pro.
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