Voluta, cercata e ottenuta: l’uscita dall’UE della Gran Bretagna però non dà i risultati sperati e promessi, lasciando dubbiosi gli inglesi. Tra riunioni segrete e rimorsi, ora che succede?
I neologismi fanno parte della nostra lingua da sempre. Anche perché qualsiasi parola, prima di entrare nel vocabolario comune, sarà stata inventata o anche solo tradotta dal greco o dal latino da qualcuno.
Dalle espressioni dantesche – ormai comunissime – come ‘galeotto fu [inserire elemento a piacere]’, o ‘senza infamia e senza lode’, passando poi dal ‘tramezzino’ di D’Annunzio, fino ai super-contemporanei ‘spoilerare’, ‘googlare’ e altri. E non scomodiamo ‘petaloso’, per carità.
Il nostro linguaggio si evolve con noi e spesso è anche cartina di tornasole di ciò che impregna maggiormente una società. Non a caso, da qualche anno a questa parte nel vocabolario comune è entrato anche un altro termine, conosciutissimo e diffuso, quasi tautologico: ‘Brexit’.
Eccolo qui, coniato ad hoc per l’occasione che rappresenta, se ne sta bello bello nei molti servizi al tg, sugli articoli di giornale e sui vocabolari stampati dal 2016 in avanti.
Nella notte del 31 gennaio 2020 questo termine astratto è diventato un fatto concreto, con la conseguenza che molti inglesi avrebbero voluto che questa parola rimanesse tale.
Sotto il Big Ben ci si mangia le mani, e non è la prima volta che da quelle parti sbagliano qualche calcolo.
BREGRET
Un solo inglese su cinque è convinto che uscire dall’UE sia stata una buona idea. Non un plebiscito…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.