La settimana scorsa Apple, Inc. (NASDAQ:AAPL) ha messo in guardia da un impatto negativo da 4-8 miliardi di dollari per le misure di lockdown in Cina; secondo Mark Gurman di Bloomberg, Apple potrebbe far bene a costruire la propria supply chain dell’assemblaggio.
Apple dipende fortemente dalla Cina
Nonostante l’affermazione di Apple secondo cui la sua supply chain è globale, secondo Gurman l’azienda è “tremendamente” dipendente dalla Cina per la produzione. Come osserva il giornalista esperto di Apple, il colosso di Cupertino si procura già molti dei suoi componenti — compresi quelli presenti all’interno di iPhone, iPad, Mac e altri prodotti — dagli Stati Uniti, dall’India, dal Vietnam, dal Giappone e da altre parti del mondo; secondo Gurman, il vero problema è il processo di assemblaggio noto come FATP (assemblaggio finale, test e imballaggio), che viene fatto prevalentemente in Cina.
Come spiega l’analista di Bloomberg, questo modello è stato sperimentato dallo stesso CEO di Apple Tim Cook, quando l’azienda ha attinto a costi del lavoro più bassi e alle prevalenti politiche governative di sostegno nel Paese; il modello ha anche aiutato l’azienda a vendere i suoi prodotti in Cina, ha aggiunto Gurman.
Cook difende la strategia cinese
Nonostante le misure di lockdown in Cina abbiano colpito la produzione dei dispositivi Apple, portando a meno inventario e a meno vendite nelle ultime settimane, Cook ha difeso fermamente la sua strategia di produzione cinese durante la chiamata degli utili, ha osservato Gurman.
Secondo lo specialista di Apple, Cook potrebbe avere ragione, dato che nel secondo trimestre Apple ha generato circa 80 miliardi di dollari dalle vendite di hardware, meglio dei 62 miliardi previsti dagli analisti.
La via d’uscita
Gurman crede che Apple dovrebbe abbandonare l’idea di gestire tutta la parte finale dell’assemblaggio in Cina. Come osserva il giornalista, certe parti dell’assemblaggio del Mac Pro 2019 vengono eseguite negli Stati Uniti; tuttavia certe configurazioni del nuovo Mac Studio vengono assemblate in Malesia, gli iMac sono realizzati in Irlanda e Thailandia e alcuni AirPods recenti sono assemblati in Vietnam.
Tuttavia, aggiunge Gurman, Apple produce i suoi dispositivi di più alto profilo — come iPhone, iPad e Apple Watch — principalmente in Cina; negli ultimi anni tuttavia l’azienda ha cercato di espandere le sue operazioni di assemblaggio dell’iPhone in Brasile e ha costruito alcune unità anche in India.
Ad ogni modo, il numero di iPhone costruiti al di fuori della Cina non è ancora rilevante, ha osservato lo specialista di Apple; l’azienda dovrebbe lavorare con i suoi partner di produzione o trovarne di nuovi per creare altri impianti in India, Thailandia, Irlanda, Brasile, Vietnam, Malesia e persino negli Stati Uniti al fine di diversificare l’assemblaggio finale dei suoi prodotti.
L’uscita dalla Cina potrebbe danneggiare i profitti di Apple; avere il proprio processo di assemblaggio concentrato nel Paese, però, significherà anche dover subire continue interruzioni, ha detto Gurman.
“Con una scorta di denaro di quasi 200 miliardi di dollari e profitti apparentemente illimitati, forse Apple dovrebbe valutare la costruzione della propria supply chain dell’assemblaggio”, ha concluso l’analista.
Foto per gentile concessione di apple.com
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