A maggio i prezzi del petrolio hanno dato alcuni segni di vita, a differenza del mese scorso, quando erano scesi sotto lo zero.
Tuttavia, ora la domanda è quanto sia sostenibile questa potenziale ripresa. Quindi abbiamo analizzato le due maggiori compagnie petrolifere al mondo per avere una migliore idea di come sta andando il mercato generale.
Scontro fra titani
In base alla capitalizzazione di mercato, ExxonMobil Corporation (NYSE: XOM) è la più grande compagnia petrolifera e di gas al mondo, mentre Royal Dutch Shell (NYSE: RDS-A) (NYSE: RDS-B) è la prima per ricavi.
Tuttavia, pur essendo due società di grandi dimensioni, entrambe hanno pesantemente sottoperformato, poiché hanno perso circa la metà del loro rispettivo valore negli ultimi cinque anni.
Dando un’occhiata ai dividendi, Exxon è un cosiddetto “Dividend Aristocrat” (un aristocratico dei dividendi), poiché ha aumentato il pagamento ogni anno negli ultimi 37 anni.
Ma, considerando lo scenario attuale, la compagnia potrebbe decidere di seguire la sorprendente scelta fatta da Shell, a fine aprile, di tagliare il dividendo.
Il taglio della Shell, il primo dalla Seconda Guerra Mondiale, ha portato il gruppo anglo-olandese a passare, nell’ambito delle cinque aziende petrolifere più importanti, da essere quella con il rendimento del dividendo più alto a quella con il più basso, causando il crollo del prezzo delle azioni del gruppo.
Sovrapproduzione e bassa domanda
Il problema principale rimane quello dei bassi prezzi per il petrolio, il gas naturale e i prodotti raffinati, a causa della sovrapproduzione globale e della mancanza di domanda – dovuti a propria volta alla pandemia di Coronavirus.
Nel suo resoconto degli utili più recente, che includeva i primi giorni della pandemia globale, Exxon ha annunciato una perdita molto più ampia nel primo trimestre rispetto alla rivale – sebbene questa sia dovuta principalmente alle svalutazioni non monetarie sul valore delle scorte petrolifere della società.
Ma, guardando al fatturato, quello di Exxon è in ribasso soltanto dell’11,6%, mentre quello di Shell è diminuito del 28,3% su base annua. L’utile netto rettificato, detratte le voci speciali, è stato persino peggiore per Shell, in calo del 47,2%, rispetto al 4,1% di ExxonMobil.
I flussi di cassa operativi delle due compagnie sono invece quasi identici, una volta detratta la diminuzione delle scorte, a quota 7,3 miliardi di dollari per Exxon e 7,4 miliardi per Shell. Tuttavia, dobbiamo tenere presente che questi dati si riferiscono ad un trimestre in cui il prezzo medio al barile Brent era di 50 dollari – mentre nel secondo trimestre è sceso al di sotto dei 30 dollari.
Sebbene Exxon sembri in una posizione migliore per resistere alla tempesta, poiché ha anche un carico del debito inferiore, entrambe le compagnie stanno lavorando a una riduzione dei costi sia per gli stanziamenti di capitale che per quelli operativi, e i risultati di questi sforzi si devono ancora vedere.
Nonostante gli sforzi compiuti per stabilizzare il mercato petrolifero, la realtà è che questa è una situazione di caos che non svanirà dall’oggi al domani, poiché entrambi i suoi maggiori attori avranno davanti a sé anni di sottoperformance.