L’effetto Draghi può aggiungersi all’appeal rappresentato dai prezzi da saldi di Piazza Affari. La strategia del debito buono potrebbe dare l’esempio e accelerare l’integrazione europea
Se la Banca Centrale rifiutasse di finanziare il debito dello Stato sarebbe un atto sedizioso. Anno 1971, considerazioni finali di Guido Carli, allora governatore di Bankitalia, che vent’anni dopo da ministro del Tesoro avrebbe chiamato un poco più che quarantenne Mario Draghi come suo direttore generale. Lette in trasparenza, le parole di mezzo secolo fa di Carli sembrano anticipare la dottrina del debito buono e del debito cattivo, enunciata dal suo erede e prosecutore Draghi nell’estate del 2020, quando forse aveva già deciso che se il presidente della Repubblica lo avesse chiamato non si sarebbe tirato indietro.
ABUSO DEL RICORSO AL DEBITO
Nel decennio successivo alle parole di Carli, la politica italiana abusò del credito garantito dalla Banca Centrale facendo una montagna di debito cattivo per spendere a piene mani in iniziative folli, come quella del 1973 del governo Rumor di mandare la gente in pensione a 35 anni. L’ubriacatura da debito cattivo costrinse al ‘divorzio’ tra Tesoro e Bankitalia nel 1981, aprendo la strada a un processo che nel giro di pochi anni avrebbe portato a sottoporre al giudizio dei mercati la sostenibilità del debito italiano…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.