Così la Cina puntella il gigante immobiliare Evergrande

Il fondo da 300 miliardi di yuan destinato a salvare i gruppi immobiliari sembra però sottodimensionato già solamente rispetto ai debiti di Evergrande

3' di lettura

Ieri Milano Finanza riportava la notizia secondo cui la Cina starebbe dando vita ad un mega fondo da 300 miliardi di yuan (44,4 miliardi di dollari), dati di REDD, per salvare i gruppi immobiliari.

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80 miliardi di yuan verrebbero inizialmente assicurati dalla China Construction Bank e della People’s Bank of China, la Banca popolare cinese, a cui si aggiungerebbero successivamente altre banche fino al raggiungimento dei 300 miliardi di yuan.

La notizia arriva a ridosso delle dimissioni del CEO e del CFO di Evergrande Group (HKG:3333), ora accusati di aver distratto i fondi della società.

La crisi del colosso Evergrande

Il fondo, per quanto cospicuo, non copre che in parte i debiti del colosso immobiliare cinese. Evergrande ha infatti attualmente debiti per circa 7 volte tanto e versa in una condizione di grave difficoltà finanziaria da quasi un anno (già a settembre scorso ci eravamo domandati se Evergrande sarebbe potuta diventare la prossima Lehman Brothers).

In marzo il titolo era stato poi sospeso dalle contrattazioni, trascinando in negativo la Borsa di Hong Kong.

L’azienda in fase di ristrutturazione non risentirebbe solamente di un management troppo avido, ma la sua crisi sembrerebbe far parte della più ampia debolezza del settore immobiliare cinese che, come commentava Marco Casario di The 10Min Trader, “in Cina il settore immobiliare privato non se la sta passando bene: le vendite di nuove case sono scese di circa il 40% e le autorità potrebbero segnalare un calo del 20%-30% per le vendite di nuove case su base annua per inizio 2022. Inoltre il caso Evergrande ha compromesso la possibilità dei costruttori di finanziarsi attraverso le obbligazioni il cui costo dell’emissione è alto e la domanda per esse è bassa.”

Un intero settore in crisi

Il settore immobiliare in Cina incide per quasi un terzo del Pil, con una corsa che da 15 anni procede a ritmo frenetico, sospinta dagli interessi economici diretti del governo in relazione all’edificazione.

In Cina è prassi acquistare le nuove abitazioni su carta, ma i rallentamenti nelle costruzioni dovute alle difficoltà dei costruttori hanno portato questo mese ad una forte presa di posizione da parte degli acquirenti, che in ben 22 città hanno deciso di smettere di pagare mutui a partire dal 12 luglio. L’intreccio di cause risiederebbe nella lenta esecuzione dei lavori che si è accompagnata in questi mesi al deprezzamento degli edifici.

Il rifiuto di pagare le rate del mutuo mette in evidenza quindi le nuvole all’orizzonte di una tempesta che, come raccontava bene già in ottobre Pictet, si prepara da tempo e rispetto alla quale il fondo predisposto dalle banche cinesi è un piccolo chicco di riso, inadatto a salvare già solo Evergrande ma sinonimo della volontà costante del governo cinese di intervenire in prima linea per salvare un’economia che sembra aver già messo il freno a mano. 

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