Funzionari sauditi e cinesi stanno discutendo la possibilità di fissare il prezzo di alcune vendite di petrolio dell’Arabia Saudita in yuan invece che in dollari o euro.
Cosa è successo
Secondo il Wall Street Journal, che ha citato alcune fonti vicine alla questione in un report martedì, negli ultimi sei anni le due nazioni avrebbero avuto sporadici colloqui su una possibile quotazione in yuan dei contratti petroliferi.
I sauditi sono arrabbiati per la politica degli Stati Uniti in Medio Oriente. Il risentimento è in particolare per la mancanza di sostegno al regno durante la guerra civile in Yemen e per gli sforzi dell’amministrazione Biden nel finalizzare un accordo con l’Iran sul programma nucleare, riferiscono le fonti al WSJ.
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Il report aggiunge che i funzionari sauditi sono rimasti stupefatti dal modo in cui gli Stati Uniti hanno ritirato le forze armate dall’Afghanistan.
Perché è importante
Quasi l’80% delle vendite globali di petrolio è valutata in dollari; dalla metà degli anni ’70 il dollaro è l’unica valuta utilizzata dai sauditi per il commercio di petrolio, nell’ambito di un accordo di sicurezza stipulato con il governo degli Stati Uniti.
Tuttavia, negli ultimi anni la Cina ha sviluppato una relazione economica più stretta con l’Arabia Saudita; il regno infatti l’anno scorso ha fornito a Pechino 1,76 milioni di barili di petrolio al giorno, secondo l’Amministrazione generale delle dogane della Repubblica Popolare Cinese.
L’Arabia Saudita mantiene il dollaro per la gran parte del suo commercio di petrolio; tuttavia, aprire la porta alla quotazione in yuan potrebbe influire sulla politica degli altri principali fornitori di petrolio della Cina, come Russia, Angola e Iraq.
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