La Fed lascia i tassi invariati, ma è una soluzione?

Secondo Peter Morici, il mancato intervento sui tassi di interesse non può continuare a lungo e dubita che Powell abbia capito la gravità della situazione 

La Fed lascia i tassi invariati, ma è una soluzione?
3' di lettura

Per ora la Federal Reserve ha deciso di tenere il piede sul freno economico: mercoledì ha infatti mantenuto invariati i tassi di interesse di riferimento.

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Cosa è successo

Mercoledì pomeriggio, alla sua prima decisione del 2022, il Federal Open Market Committee (FOMC) ha concluso il meeting di due giorni annunciando che ha “deciso di mantenere l’intervallo di riferimento per il tasso sui fondi federali tra lo 0 e lo 0,25%”; la decisione è stata presa all’unanimità.

Comunque, il FOMC ha aggiunto che “con un’inflazione ben al di sopra del 2% e un solido mercato del lavoro, il Comitato prevede che presto sarà opportuno aumentare l’intervallo di riferimento per il tasso sui fondi federali”.

Inoltre, il FOMC ha dichiarato che “continuerà a ridurre il ritmo mensile degli acquisti netti di asset, portandoli a termine all’inizio di marzo; a partire da febbraio, il Comitato incrementerà le sue partecipazioni di Treasury di almeno 20 miliardi di dollari al mese e quelle di titoli garantiti da ipoteca su immobili di almeno 10 miliardi al mese”.

L’ultima volta che la Fed ha alzato i tassi di interesse è stato a dicembre del 2018. A luglio 2019 il FOMC ha iniziato ad abbassare i tassi a causa delle “implicazioni degli sviluppi globali per le prospettive economiche e le pressioni inflazionistiche attenuate”; a marzo del 2020, con l’inizio della pandemia di COVID-19, i tassi sono stati ulteriormente abbassati e da allora sono ai minimi storici.

Cosa significa

Un drastico aumento dell’inflazione (con i prezzi al consumo in aumento del 7% su base annua a dicembre), combinato alle incertezze economiche alimentate dal protrarsi della pandemia e alla volatilità dei mercati finanziari, aveva portato a qualche speculazione tra gli osservatori della Fed sul fatto che la banca centrale avrebbe iniziato una serie di rialzi dei tassi già da mercoledì.

“Al momento non è un bel niente”, ha osservato Jake Clopton, presidente della società di intermediazione ipotecaria Clopton Capital, il quale ha teorizzato che la Fed non era pronta a cambiare rotta.

“Semplicemente non volevano spaventare nessuno in questo momento”, ha aggiunto Clopton. “Penso che siano ancora sulla buona strada per il loro primo aumento alla riunione di marzo, ma adesso non volevano spaventare i mercati”.

Il dott. Anthony B. Sanders, professore di finanza immobiliare alla George Mason University nonché ex direttore e capo della ricerca sui titoli garantiti da asset e da ipoteca su immobili presso Deutsche Bank AG (NYSE:DB) a New York, non prevede un’azione drastica da parte della Fed quando il FOMC si riunirà di nuovo a marzo.

“Probabilmente sarà soltanto un piccolo aumento dei tassi di 25 punti base”, ha dichiarato Sanders. Sempre Sanders avverte però che un aumento minimo sarebbe insufficiente nel contesto economico: “L’inflazione sta andando fuori controllo e la Fed è semplicemente seduta lì che osserva affascinata”.

Ma d’altra parte, Sanders ha riconosciuto che un aumento troppo drastico dei tassi potrebbe creare più problemi che soluzioni.

“Non solo gli Stati Uniti, ma tutti i governi a livello globale negli ultimi 20 anni hanno speso come marinai ubriachi”, ha affermato Sanders. “La Fed non può permettersi che i tassi salgano così tanto”.

Eppure il dott. Peter Morici, professore emerito della Robert H. Smith Business School dell’Università del Maryland ed ex direttore dell’Office of Economics presso la U.S. International Trade Commission, ha avvertito che l’immobilismo sui tassi non può continuare a lungo e si è chiesto se il presidente della Fed Jerome Powell abbia capito la gravità della situazione.

“Pensano che la malattia si curerà da sola e non lo farà”, ha affermato Morici. “Non abbiamo mai gestito questo tipo di inflazione senza un rallentamento economico”.

Foto 401 (k) 2012 Flickr Creative Commons