Un recente report dell’OCSE ha analizzato il peso fiscale e contributivo in Italia, evidenziando le principali sfide che il Paese affronta in confronto agli altri membri dell’organizzazione. L’Italia si distingue per un carico fiscale significativo su lavoro e contribuzioni sociali, che incide pesantemente sul sistema economico e sulle prospettive di crescita.
Cosa è successo
L’Italia registra uno dei cunei fiscali più elevati tra i Paesi OCSE, pari al 47,7% per i lavoratori senza figli, superato solo da Belgio e Germania. Questo valore, che rappresenta la differenza tra il costo del lavoro sostenuto dalle aziende e il reddito netto percepito dai lavoratori, è significativamente sopra la media OCSE del 35,9%. Tale pressione fiscale rappresenta una delle principali barriere all’occupazione e alla competitività del sistema produttivo italiano.
L’incidenza complessiva di tasse e contributi sociali sul PIL italiano si è attestata al 42,9% nel 2022, un dato che pone l’Italia al sesto posto nell’Unione Europea per peso fiscale. Questo valore è cresciuto negli anni, anche in confronto ad altri Paesi europei come Germania e Francia, che pur registrando oneri elevati, mostrano trend più contenuti.
Dal 1991 al 2022, i salari reali italiani sono cresciuti solo dell’1%, un dato drammaticamente inferiore alla media OCSE del 32,5%. Questo ristagno è attribuito alla bassa produttività del lavoro e a una distribuzione del reddito sempre più sbilanciata a favore dei profitti aziendali, con un impatto negativo sul potere d’acquisto delle famiglie italiane.
Infine, l’OCSE sottolinea la necessità di riforme strutturali, come la riduzione delle agevolazioni fiscali forfettarie e un aumento della tassazione sui patrimoni, per alleggerire la pressione sul lavoro e stimolare un sistema fiscale più equo ed efficiente.
Perché è importante
Il peso fiscale elevato rappresenta un freno significativo alla crescita economica e all’occupazione in Italia. La pressione sul costo del lavoro non solo penalizza la competitività delle imprese, ma riduce anche l’incentivo a investire e assumere, soprattutto in un contesto di bassi margini di crescita salariale.
Il ristagno dei salari reali riflette una crisi strutturale del mercato del lavoro italiano, caratterizzato da carenza di innovazione e investimenti in competenze. Questo trend limita la capacità delle famiglie di sostenere i consumi e di contribuire a una domanda interna forte, essenziale per un’economia in ripresa.
Le raccomandazioni dell’OCSE, tra cui la tassazione dei patrimoni e un maggiore uso di strumenti digitali per combattere l’evasione fiscale, potrebbero migliorare l’efficienza del sistema. Queste misure, però, richiedono un impegno politico deciso per superare resistenze storiche e avviare un percorso di crescita sostenibile e inclusiva.
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